Una delle sessioni del Concilio Vaticano II all'interno della Basilica di S. Pietro a Roma |
Il Concilio Ecumenico Vaticano II segnò un’epoca di grandi cambiamenti sociali e spirituali, poiché l’idea primaria dei padri conciliari fu quella di voler attuare un confronto diretto che avesse una duplice valenza: ad intra con la Chiesa stessa e ad extra con il mondo intero.
L’Arcivescovo Montini e il suo pensare al Concilio!
Il
26 gennaio 1959, il card. Giovanni Battista Montini dava l’annuncio solenne
alla chiesa milanese della convocazione del Concilio Vaticano ii, indetto da Papa Giovanni XXIII.
Montini
scriveva: «Un avvenimento storico di prima grandezza sta per verificarsi; non
di odio o di terrore, come sono grandi terribilmente le guerre; non di politica
terrena o di profana coltura, come sono grandi fugacemente tanti umano
consessi; non di scoperte scientifiche o di interessi temporali, come sono
grandi dubbiamente tanti fatti del nostro divenire civile; ma grande di pace,
di verità, di spirito; grande oggi, per domani; grande per i popoli e per i
cuori umani; grande per la Chiesa intera e per tutta l’umanità».
Mons. Angelo Roncalli e Mons. G.B. Montini |
Il card. Giovanni
Colombo, nel 1973, riferiva: «quando venne divulgata la notizia che la data
d’inizio del Vaticano II era fissata per l’11 Ottobre 1962, ricordo che il
card. Montini mi disse con trepidazione: “non siamo ancora pronti, ci sarebbero
voluti ancora tre anni di preparazione”. Certo non immaginava che proprio a lui
sarebbe toccato ereditare quel Concilio, a suo giudizio, affrettatamente
incominciato».
Cardinal Giovanni Battista Montini - Arcivescovo di Milano |
Dalla
sua lettera pastorale "Pensiamo al Concilio" scritta per la Quaresima, del 1962, alla diocesi milanese si evince con quanta straordinaria delicatezza di sentimenti e acuta intelligenza descriva il destino di Roma nella storia del mondo, lasciando capire apertamente quanto
egli si senta figlio di quella grande ed eterna Città, si rivolge a questa come se fosse una persona a lui carissima, amata con ineffabile
trasporto, esaltata nelle sue grandezze e benevolmente scusata nelle sue
debolezze, comunque sempre presente al cuore e alla mente.
«Due
pensieri sono principalmente affluiti al nostro spirito […]. Uno è quello di
Roma “patria communis”: nessuno a Roma è forestiero, se al suo genio aderisce.
Tutti quanti confluiranno a Roma per questo solenne raduno, vi saranno non
stranieri, non ospiti, non viaggiatori, ma cittadini. Chi fa pellegrinaggio a
Roma sa e sente questa misteriosa elevazione a cittadino della vera umanità,
tanto più chi vi sarà accolto per esercitarvi una funzione – il magistero
ecclesiastico – di natura sua universale: sarà a casa sua […]Cristo qui è in
divenire: “finché si formi Cristo in noi” (Gal 4,19) è la fatica, è la missione
di Roma cattolica; predicare e comunicare Cristo, con impassibile incuria delle
difficoltà e delle persecuzioni e con inconcussa fiducia nel suo glorioso
ritorno finale. E che il Concilio, cioè tutta la Chiesa predicante ed
evangelizzante, si raccolga a Roma dà l’impressione che la sua speranza si
spieghi, come una bandiera al vento della storia, e che si diffonda nel mondo
inquieto ed incerto come un segno orientatore e confortatore».
Come
S. Ambrogio, sentiva in modo opprimente il peso del servizio
episcopale a cui era stato destinato.
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